I ritratti sono la maggiore attrattiva che offrono i dagherrotipisti e presto, grazie alle classi medie, si arrivò al boom del genere.
I dipinti ad olio erano costosi e le alternative più economiche e rapide poco eleganti, tra queste elenchiamo le imitazioni delle miniature, le figure ritagliate, le silhouette e le fisionotracce o skiogrammi proiezioni del profilo del modello riempito di colore nero (dal greco skia, ombra) popolari quest'ultime dal 1750 al 1850.
Il momento era giunto per far trionfare la tecnologia e la scienza.
La fotografia che trasmette la rassomiglianza molto più di uno schizzo o di una silhouette oscura tutte le precedenti soluzioni, ma gli inizi sono ancora incerti.
I problemi da risolvere riguardano i tempi di esposizione che costringono a pose di 10 minuti con il risultato di immagini sfocate.
Lo stesso Francois Arago direttore dell'Osservatorio di Parigi non era convinto che i dagherrotipi fossero adatti per i ritratti.
Ciononostante si aprono studi di dagherrotipia così da richiamare famiglie, gruppi, donne e bambini a farsi ritrarre. Se lo studio è dotato di uno spazio all'aperto in piena luce solare, il fotografo lo preferisce, ma le convenzioni vogliono che i ritratti si eseguano all'interno, in ambientazioni che nel tempo diventeranno vere scenografie.
Si progettano congegni nascosti adatti a mantenere fermi la testa e il corpo delle persone e si danno istruzioni sul come esprimere un'espressione di "assoluta indifferenza". I bambini piccoli vengono tenuti stretti per impedire i movimenti e nei primi tempi si osava anestetizzarli con l'etere. Il sorriso è bandito nè avrebbe potuto essere mantenuto naturale per più di qualche secondo senza storcere la bocca.
Ben presto il pubblico incomincia ad amare la chiarezza e la somiglianza perfetta che la fotografia rende, non pretendendo di catturare l'anima come faceva la pittura, con grande disperazione dei pittori ritrattisti.
Lo scrittore Edgar Allan Poe interpreta l'entusiasmo generale e proclama "Il dagherrotipo è infinitamente più preciso di ... qualsiasi dipinto eseguito da mani umane" in un articolo apparso nel gennaio 1840 sul settimanale di Filadelfia Alexander’s Weekly Messenger.
Prolificano i dibattiti sui periodici, alcuni ironici e dissacranti rispetto agli atteggiamenti dei singoli.
In proposito sul quindicinale Il caleidoscopio del 15 maggio 1846, curato da Tito Delaberrenga, pseudonimo di Adalberto Thiergen, compare l'articolo Il dagherrotipo e le signore.
Il giornalista si limita a una breve presentazione dell'invenzione di Daguerre che mette in luce la realtà com'è, bella o brutta, e senza esporsi troppo, si diverte a trascrivere la lettera di alcune dame parigine che non sono d'accordo sulla presentazione, grazie alla dagherrotipia, della "bellezza naturale" così da rappresentarla "nella sua nudità senza alcun ornamento". Temono addirittura tutte le conseguenze che deriveranno dalla sua pratica e che faranno del male "ai pittori, agli amanti e tout le monde!" (1)
La risposta di Daguerre non tarda.
Ribadisce con orgoglio il suo rispetto della bellezza così come appare priva di ritocchi, difetti. "Il vero, il vero ... è l'unico antidoto contro la ciarlataneria."
Il nostro articolista si dichiara d'accordo con le affermazioni di Daguerre e con ironia insinua che non disputa "sulla gentilezza e coltura" delle dame di Parigi, ma pone in dubbio la loro "bellezza e gioventù".
A conferma della pendolarità di questi professionisti e della situazione fluida - coppie che si uniscono e si sciolgono - legata a spostamenti casuali o voluti, ritroviamo Darier da solo a Trieste nel luglio del 1846 per tutto il mese. Ricordiamo che era già stato a Trieste in ottobre del 1844 con il socio Abresch (2).
Non sta vivendo un momento felice, avverte il pubblico che vuole vendere le proprie attrezzature per la dagherrotipia e che è disposto a istruire il probabile compratore dietro un modesto compenso. Ha lo studio nel cuore cittadino, nella via del Canal Grande n. 1059 al primo piano (3).
1846-1847
J. Darier svizzero, dagherrotipista in Canal Grande n. 1059
Ferdinad Brosy tedesco, dagherrotipista in contrada San Nicolò 725, poi Hotel Metternich
Gerothwohl e Tanner o Thanner tedeschi, fotografi in Piazza Grande
Lewys o G. B. Levi provenienza non identificata, dagherrotipista in Corsia Stadion 1154
Articolo Il Dagherrotipo e le signore del 15 marzo 1846 su "Il caleidoscopio" n. 11, p.98-99.
Annunzio del 2, 3, 5 luglio 1846 su Osservatore triestino n. 79, 80, 81.
Il fotografo Darier chiude la propria attività, offre a un buon prezzo la propria attrezzatura e l'istruzione al suo uso.
Da qui una riflessione.
Nel luglio del 1846 l'attrazione per i dagherrotipi sta scemando, la concorrenza è ancora alta ma forse la richiesta ha preso un'inversione calante. Le foto riproducibili su carta grazie al metodo trovato da William Fox Talbot offrono la possibilità di richiedere più copie e i dagherrotipi in quanto unicum deteriorabile nel tempo non sono più un'esclusiva attrattiva.
Tale avveniristica previsione deve aver indotto J. Darier, forse Jules Darier figlio di una ricca famiglia di Ginevra, a ritirarsi, ma l'identificazione è in corso... vedi Luminous-Lint alla voce Darier Jules.
Il primo del gruppo.
Una presentazione dettagliata va dedicata a una straordinaria personalità che, come altri professionisti si forma in Germania, ma poi percorre il nord Italia per giungere a Trieste nel marzo 1846.
A lui è dedicata l'accurata monografia del 2019 di Roberto Caccialanza, Ferdinand Brosy e la sua famiglia: vita e attività dei dagherrotipisti itineranti che ricostruisce passo passo la sua vita spericolata con grande attenzione per capire il clima e l'ambiente che circonda queste singolari figure dedicate alla fotografia.
L'ambulante Ferdinand Brosy (1802-post 1870) nato a Düren in
Renania [I. Zannier lo dichiara nato a Aquisgrana, interpretando in questo modo una sua dichiarazione di provenienza], "professore in fotografia", è un personaggio veramente intraprendente dalla
vita tutta da scoprire. Negli anni 1837-1838 è a Torino e si professa "coramaio" premiato dalla R. Camera di Agricoltura e Commercio per le sue "striscie in cuoio" o coramelle per affilare i
rasoi e si arrabatta a vendere anche "rasoi inglesi dei più perfetti" e aghi da cucire. Ha già 36 anni, si presume abbia attraversato l'Europa con la sua famiglia, ma cerca ancora una propria
collocazione. Per farsi conoscere si affida agli avvisi pubblicitari sui periodici locali (1).
Passati pochi anni compare sulla scena come dagherrotipista abile al punto da avere un giovanissimo aiutante, Giambattista Unterveger, grazie al quale avremo qualche notizia su di lui.
Il trentino Giambattista Unterverger, suo allievo e ritoccatore dal 1854, poi primo fotografo stabile del Trentino allora austriaco, testimonia un resoconto della “vita randagia” condotta dal maestro, e da altri dagherrotipisti ambulanti [In: Il contesto trentino]. Così lo descrive infatti nel suo diario era un uomo "basso di statura, pochi e bianchi capelli, raggrinzita la fronte tanto che mostrava 80 anni anziché 48" a causa "dallo aver egli lavorato per ben 10 anni al daguerrotipo, col qual procedimento occorrevano i vapori di mercurio, che l'avevano tanto invecchiato" (2).
Per dieci anni ormai affermato dagherrotipista passa di città in città nel nord Italia (Udine, Trento, Bressanone, Feltre, Verona, Ferrara).
Ma prima fa una sosta a Bolzano come apprendiamo dai suoi avvisi pubblicitari nel marzo e settembre 1846.
Sul settimanale Bozner Wochenblatt del 13 marzo 1846 compare l'avviso: "Ritratti dagherrotipi".
"Il sottoscritto si fermerà qui alcuni giorni e si propone per eseguire ogni tipo delle seguenti riproduzioni: Persone singole o in gruppi familiari, immagini di edifici, panorami, dipinti ad olio o incisioni etc.
Per una riproduzione di questi soggetti bastano pochi secondi, e ciò con ogni genere di tempo, (anche) senza sole, in ambienti chiusi, cosa altrimenti impossibile, e ciò con piena garanzia. Non si pagano i ritratti non riusciti. Il prezzo di un ritratto di questo tipo varia a seconda della grandezza e del numero delle persone da 2, a 3, 4, fino a 5 fiorini. Il sottoscritto tiene anche delle lezioni per l'apprendimento di questa materia ed è disponibile alla vendita del materiale necessario. i signori che lo desiderano, possono essere raggiunti anche nelle loro case. Ordinazioni ed effettuazioni di ritratti hanno luogo all'Hotel Alle due chiavi d'oro".
Ferdinand Brosy da Aachen in Prussia".
A settembre dello stesso anno, non si sa, se nel frattempo, si sia allontanato dalla città, inserisce un analogo annuncio.
La sosta che a noi interessa avviene nel marzo 1846 quando è a Trieste con la famiglia, la moglie Elisa Link e i figli.
A Trieste dapprima alloggia in casa del dottor Frizzi in contrada San Nicolò n. 725. Nel luglio 1846 forse è a Venezia o forse lo è la moglie con il figlio per approfittare della stagione propizia. A ottobre ripropone i suoi avvisi e a dicembre si sposta quindi nel prestigioso Albergo Principe Metternich [poi Hotel de la Ville] e promette "ritratti al daguerreotipo per 2 fiorini soltanto" e offre lezioni a chi volesse acquisire apparecchi e il corredo necessario alla loro produzione. È disposto a recarsi nelle abitazioni dei committenti se vengono richiesti almeno 3 dagherrotipi."
Non abbiamo suoi dagherrotipi da segnalare a Trieste. Dell'anno 1846 pregevole esempio è quello conservato nella collezione di Andrea Mandarino presso la Fototeca della Biblioteca Panizzi di Reggio Emilia.
Ritratto di Eugenia Palla... di anni 19 e mezzo ripreso il 14 ottobre 1846.
Brosy si fermerà a Trieste sino a maggio 1847, altre fonti lo segnalano a Udine dove pratica la tecnica del collodio umido (3). A sorpresa capiamo che praticare la dagherrotipia non è il
solo modo per guadagnare... vende pure una "composizione per pulire e dare il più bel lucido".
La ripetuta pubblicità del nostro professionista, quotidiana sino al termine della sua presenza in città, dà i suoi frutti (4).
Quando Brosy se ne va da Trieste lascia il passo ad un altro studio fotografico, gestito dai signori Gerothwohl e Tanner che gli ruberanno la scena. Tempismo sconcertante!
Nel 1852 Brosy è ancora vicino a Trieste nel mese di novembre è a Udine. Offre i suoi ritratti al daguerreotipo a solo 6 lire austriache, lavora in pieno centro in Piazza Contarena n. 446 sopra il Caffè dei Svizzeri al 2. piano. Vende anche le apparecchiature e tutto il materiale necessario a prezzi moderati (4).
Quattro anni dopo il suo inquieto girovagare lo porta a Ferrara, "l’apprezzato artista tedesco Ferdinando Brosy nel 1856 aveva lo studio al terzo piano dell’albergo Stella d’Oro in piazza della Pace" (ora corso Martiri della Libertà angolo via Cairoli) e assicurava ritratti che "sorpassano in somiglianza, precisione e finezza tutti quei metodi che sono finora conosciuti" cosi probabilmente si annunciava nell'avviso pubblicitario del 24 febbraio 1856 su La Gazzetta di Ferrara.
Note
1. Italo Zannier, Giuseppe Wulz e la fotografia a Trieste nell'800 in "Giuseppe Wulz la fotografia a Trieste 1868-1918", p. 73-74
2. Beatrice Rossetto, Fotografi di atelier in Alpe-Adria fin de siécle in “ Foto storica” n. 21/22 dicembre 2002, p. 24
3. Osservatore triestino, n. 114-116 (23, 25, 27 settembre 1846), n. 124 (16 ottobre 1846), n. 152-153 (20, 23 dicembre 1846), n. 156 (30 dicembre 1846);
n. 3, 5, 6, 7, 8, 10 (6, 10, 13, 15, 17, 22 gennaio 1847), n. 21, 22, 23, 24 (17, 19, 21, 24 febbraio 1847), n. 28, 29, 31, 33, 34,, 35, 36. 37, 38 (5, 7, 12, 17, 19, 21, 24, 26, 28 marzo 1847), n. 4, 41, 42, 43, 44, 45, 46, 47, 48, 49, 51 (2, 4, 7, 9, 11, 14, 16, 18, 21, 28 aprile 1847), n. 53, 54, 55, 59 (2, 5, 7. 16 maggio 1847). Fabio Zubini, Borgo teresiano. Trieste : Edizioni Italo Svevo, 2004, p. 513
4. L'alchimista friulano, a. 3, n. 46, 48 (14, 28 novembre 1852)
L'inserzione appare sul settimanale Il caleidoscopio del 24 maggio 1846 (a. 5, n. 17-18).
Nei pochi anni di vita del periodico, uscirà dal 1842 al 1846, non compaiono notizie sui fotografi presenti in città, questo è l'unico avviso redatto da un 'autore che mantiene l'anonimato e si firma con le sole iniziali A. C. Inoltre consiglia i lettori di non recarsi in piazza Gadolla [oggi piazza della Repubblica] come erano soliti, ma dirimpetto al Teatro Mauroner, quindi in Corsia Stadion [oggi via Battisti] al n. 1154 al primo piano. Consiglia anche di affrettarsi per il ritratto in quanto la presenza del dagherrotipista in città durerà pochi giorni.
Resta da scoprire chi avesse uno studio in Piazza Gadolla, ma anche chi si fregiasse del nome Lewys.
Il nostro dagherrotipista itinerante sarà presente a Trieste per otto settimane da maggio a giugno del 1846, poi nel 1851 è segnalato a Verona (In L'Italia d'argento p. 201) e a Ferrara. Precisamente nel luglio 1851 in piazza Municipale a Ferrara, tutti i giorni, qualunque sia il tempo, nella casa del sarto Barritoni o Berettoni, nel suo studio provvisorio tale Lewis offriva la scelta tra un ritratto a dagherrotipo o un più economico ritratto su lamina e carta eseguito entro la stanza e senza il sole in 8-10 secondi, la notizia compare su La Gazzetta di Ferrara del 17 luglio 1851.
G.V. Levi
Ritratto di Davide Cusin 1843 ca.
ottavo di lastra
in L'Italia d'argento p. 107
Sull'unico dagherrotipo firmato dal nostro Lewys compare il nome di G.V. Levi.
L'uomo ritratto è Davide Cusin (1816-1894).
Grazie alle ricerche di Annalisa Di Fant responsabile degli Archivi della Comunità ebraica nulla è emerso sulla figura del dagherrotipista, l'elegante uomo ritratto è Davide Cusin morto a Trieste il 13.10.1894 a 78 anni. Forse proveniente da Venezia o altrove, comunque non è nato a Trieste.
Di Sigmund o talvolta Joseph Gerothwohl (1808-1902) pittore e fotografo proveniente da Francoforte sul Meno si hanno notizie catturate da avvisi pubblicitari e articoli su periodici, è attivo dal 1843 al 1855, continue le sue peregrinazioni. Gli è compagno d'avventura o meglio di sodalizio Johann Jacob Tanner o Thanner, anch'egli pittore e interessato alla fotografia. Lavorano assieme a Vienna sino al 1846 quando lasciano il proprio studio in mano a Georg Koberwein (1820-1876) a sua volta pittore e fotografo viennese e si mettono in viaggio.
Qui si trova un approfondimento della loro attività.
In questa pagina proponiamo qualche esempio della produzione di ritratti di questo famoso studio.